Sergio Ariaudo è un uomo sulla settantina, di media statura e media corporatura, sul suo volto spiccano due occhi vispi, che raccontano belle storie solo a guardarli. Le sue mani parlano di lui e del suo lavoro, riportano i segni della fatica e le macchie dei colori usati. Se potessero parlare descriverebbero tutte le prove, gli errori e il lavoro che hanno portato quei segni.

La sua è la storia di un bambino di 11 anni che, nel secondo dopoguerra, in pieno boom economico italiano, si ritrova a dover abbandonare precocemente la scuola per aiutare il papà nell’attività di famiglia. Sergio decide di cogliere l’opportunità di imparare il mestiere del decoratore. Gli piace, si appassiona. E in breve tempo - con rispetto, dedizione e audacia - lo trasforma in arte: l’arte di decorare e di restaurare. Brucia le tappe e a 18 anni ha già un’attività tutta sua. Poi si sposa, nascono i figli, arrivano i dipendenti e i cantieri importanti. Diventa anche consulente per aziende e insegnante per scuole professionali. È la storia di un successo e di una grande rivalsa. Un giorno però fallisce un cliente che gli ha ordinato una commessa importante. La cosa lo mette in difficoltà perché deve pagare gli stipendi, le tasse e i fornitori. A quel punto decide di vendere tutto quello che ha per saldare i propri debiti. Si rimbocca le maniche - come sempre e senza troppo timore - ricominciando da zero, insieme alla propria famiglia. E oggi, con fierezza e orgoglio, ci dice che la sua impresa familiare, dopo l’ingresso dei figli di sua figlia, è alla quarta generazione.

 

Sergio Ariaudo è un uomo che la vita non l’ha vista passare davanti per caso: si è dato un gran da fare per scriverla ‘alla sua maniera'. Intervistarlo non è solo una fortuna, è soprattutto un esempio di resilienza e di passione per il proprio lavoro.

 

  1. Sig. Ariaudo qual è la sua storia professionale?

Era il 1958, avevo 11 anni, quando ho lasciato la scuola per andare a fare il decoratore con mio padre. Quel lavoro mi piaceva e mi incuriosiva e ci vedevo tante opportunità. In quegli anni però si tendeva a cancellare il bello e lo si copriva di bianco: i figli di medici, avvocati e notai - in un clima di fermento generale, un po’ per ribellione, un po’ per ignoranza - desideravano eliminare gli affreschi che impreziosivano le loro storiche dimore signorili. Per me era una forzatura, un non-senso, ma eseguivo. Capitava alcune volte di collaborare con architetti e pittori. In quei casi cercavo di carpire i trucchi e i segreti del mestiere: tutti mi hanno lasciato qualcosa. Ero infatuato di quel mondo fatto di bellezza, studio, consapevolezza, colore, creatività e armonia. A diciott’anni, ho così deciso di prendere una strada diversa da quella di mio padre e di avviare un’attività tutta mia. Volevo dare seguito alla mia innata inclinazione verso il mondo del restauro e della decorazione. La svolta arriva quando gratuitamente, in un caldo agosto di quarant’anni fa, mi offro di ridipingere e decorare gli esterni del Duomo di Caraglio. È una scommessa, ma il risultato è sorprendente e fa da volano al portafoglio ordini della mia impresa. Da cosa nasce cosa e arriva la collaborazione con Peter Cox, azienda specializzata in tecnologie per il recupero edilizio e i successivi cantieri rilevanti come Palazzo Pitti a Firenze e Villa Durazzo Pallavicini a Genova. In seguito mi viene proposto di insegnare in scuole professionali e accettando, colgo l’opportunità di istruire ragazzi alla ricerca di una formazione tecnica. Divento anche consulente tecnico/promoter per aziende specializzate in edilizia professionale. Collaboro perfino con importanti architetti del panorama internazionale. E quando la mia impresa arriva a 30 dipendenti, incluse le mie figlie, sopraggiunge il momento più critico della mia vita: un cliente molto importante fallisce, questa cosa mi mette in difficoltà. Per saldare dipendenti, tasse e fornitori sono costretto a vendere tutto, ma non ho nessun dubbio: lo devo fare, anche se questo significa ricominciare da zero. Sono riuscito a rialzarmi, con il saper fare e la voglia di fare, insieme alla mia famiglia. E oggi l’attività prosegue: con l’ingresso dei figli di mia figlia, siamo alla quarta generazione.

 

  1. Come e quando ha conosciuto per la prima volta Caparol?

Ho conosciuto Caparol all’inizio degli anni ’90. Dovevo restaurare gli esterni di una villa prestigiosa di Cuneo. In particolare gli episodi mitologici rappresentati sul cornicione, fatti di ossido e grafite bianca su cemento. Ero molto in difficoltà perché non potevo utilizzare i silicati su quel tipo di supporto e, per scelta personale, non volevo orientarmi sulle pitture lavabili. Così, parlando con il Direttore Tecnico di un’azienda vostra concorrente, di cui in quegli anni ero consulente, era emerso che l’unica soluzione possibile era rappresentata dai prodotti silossanici di Caparol. Il risultato è stato sorprendente ed è visibile ancora oggi, immutato nella sua bellezza.

  1. Dopo questo primo incontro ‘professionale’ come si è evoluto il suo rapporto con Caparol?
    Dopo gli ottimi risultati ottenuti in questo primo cantiere, ho deciso di testare poco per volta la bontà dell’offerta Caparol soprattutto sui progetti più delicati che necessitavano quindi di prodotti altamente tecnologici e performanti. Oggi, visti i continui riscontri positivi, la mia impresa utilizza praticamente solo prodotti Caparol.

 

  1. Come Caparol la supporta ogni giorno nella sua attività professionale? Quali sono pertanto i motivi principali per i quali ha scelto di collaborare con noi?

La qualità e l’affidabilità dei prodotti Caparol verificata in questi anni, cantiere dopo cantiere, sono state le leve principali di questo sodalizio lavorativo. E il servizio di assistenza tecnica ha rappresentato una garanzia al completamento dell’offerta del marchio.

 

  1. Quali evoluzioni vede in futuro per la sua attività professionale e per il mercato dell’edilizia in generale?

La mia impresa, che oggi è di dimensione famigliare e che si è evoluta rispecchiando le esigenze del mercato, ha ridotto molto le competenze relative al restauro, dedicandosi alla decorazione legata alla ristrutturazione; il ‘nuovo’ è sempre di meno. Noi abbiamo vissuto e viviamo ancora oggi di ‘passaparola’ e abbiamo floride prospettive di portare avanti per ancora molte generazioni il nostro lavoro. Siamo focalizzati sulle ristrutturazioni e sulla decorazione e da questi due ambiti raccogliamo le più grandi soddisfazioni.